“Qu’on dise reste oublié derrière ce qui se dit dans ce qui s’entend”
Questa frase di Lacan, contenuta nel testo intitolato “L’étourdite”, introduce un elemento opaco che sta alla base della parola. Che ci sia del dire, che ci sia una spinta a dire, e quindi che ci sia un godimento legato ad un oggetto-causa del dire, resta dimenticato. Il significato trasmesso, che ci impegna in un opera di comprensione del senso stesso di ciò che è detto, offusca la vera urgenza del dire. Urgenza che riappare nelle componenti timbriche e foniche, in buona sostanza nel suono della voce.
La poesia sonora ha fatto del suono della voce il principale elemento di creazione ed espressione.
La tendenza ad un annullamento della significazione in favore del puro suono, insita nelle ricerche della poesia sonora, ha portato molti poeti ad abbandonare definitivamente il dire e proporre una poesia che è puro agire. Una poesia azione che si concretizza attraverso il corpo del poeta, nel e sul corpo del poeta.
L’impegno ad andare oltre il Verbo prospettato da Henri Chopin e dalla sua poesia sonora, in un percorso teso a liberare il suono umano, al di qua e al di là della parola, e le “déclar’action” di Juline Blaine, la sua “poésie en chair et os”, possono dirci qualcosa dell’intreccio parola/godimento/corpo?