In un LAI in lingua piccarda risalente al XII secolo (Il Lai di Narciso) il mito di Narciso viene presentato in un modo che da’ risalto ad un elemento che solitamente viene trascurato. Questo elemento e’ il nulla, il vuoto, che si presenta a Narciso contemplando la propria immagine riflessa.
Il Lai riprende il mito classico ovidiano modificandolo leggermente per adattarlo ai gusti dell’epoca. Ma il merito di questo poeta, che rimane anonimo, e’ cio’ che mette in risalto nei passaggi chiave di questo famosissimo mito. Nel momento della contemplazione estatica, da parte di Narciso, della propria immagine, il poeta ci fa notare:
Loda se’ stesso e non lo capisce
e’ la sua bellezza che vede la’ dentro,
e’ lui il suo stesso inganno
Di questo suo inganno, ad un certo punto, Narciso prende coscienza.
E’ tornato un poco in senno,
si accorge di essere ingannato
e vede che e’ un’immagine quella che ama.
Molto si accusa per la sua follia,
ma ormai non sa piu’ cosa fare:
non puo’ ritrarne il suo cuore.
Il monologo di Narciso che segue, mette in evidenza quest’elemento su cui vorrei attirare la vostra attenzione. E’ il vuoto, il nulla che la sua immagine gli restituisce.
io credevo di vedere qualcosa
nell’immagine che m’ingannava,
e ne speravo un qualche bene,
ma ora so che non vedo nulla.
Per questo il male mi e’ piu’ grave,
non ho piu’ un ora di pace,
non amo una cosa reale,
non so piu’ quello che desidero.
C’e’ dunque in questa versione un momento di presa di coscienza in cui Narciso si rende conto di amare un’immagine che maschera un vuoto, un’immagine irreale. Narciso, in questa versione, muore per un amore troppo intenso, da cui non sa liberarsi, per il nulla che la sua propria immagine gli rimanda. Il nulla che scopre essere la propria immagine e che viene assunto come tale non puo’ che annullarlo. Non c’e’ nessuna mediazione simbolica, non c’e’ un altro. Non e’ un caso che questo altro, che nel Lai e’ Danae-Eco, venga invocato come unica salvezza verso la fine del poema.
Quest’elemento del nulla, del vuoto, e la presenza/assenza dell’Altro, sono due caratteristiche che si ritrovano nelle formulazioni lacaniane del narcisismo.
Il primo modello del narcisismo in Lacan e’ lo stadio dello specchio, che si incarna nella relazione Madre-Bambino. Gia’ nelle prime formulazioni dello stadio dello specchio si legge che questo momento e’ decisivo per la strutturazione del soggetto perche’ legato da subito all’Altro e al suo desiderio. Nel testo di Lacan Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’Io, si puo’ leggere: “Il momento in cui si compie lo stadio dello specchio inaugura, grazie all’identificazione con l’imago del simile e al dramma della gelosia primordiale, la dialettica che d’ora in poi lega l’io a situazioni socialmente elaborate. Questo e’ il momento che in modo decisivo fa dipendere tutto il sapere umano dall’opera di mediazione del desiderio dell’altro, che ne costituisce gli oggetti in un’equivalenza astratta per via della concorrenza d’altri, e fa dell’io quell’apparato per il quale sara’ un pericolo ogni spinta degli istinti anche quando risponde ad una maturazione naturale, – e quindi la stessa normalizzazione di questa maturazione dipende nell’uomo da un tramite culturale: come si vede per l’oggetto sessuale nel complesso di Edipo”
Quindi la fase dello specchio e’ subito legata alla questione della mediazione operata dal desiderio dell’Altro.
L’elaborazione decisiva di Lacan di questo tema, che a ben vedere e’ il tema dell’oggetto del desiderio, e’ leggibile nel suo IV seminario dedicato proprio alla relazione d’oggetto, alla relazione Madre-Bambino. La relazione d’oggetto e’ l’altra faccia del narcisismo. L’oggetto e’ infatti sempre preso in una dinamica di reciprocita’ immaginaria. “Vale dire che il soggetto occupa contemporaneamente il posto del termine a cui si rapporta in ogni relazione del soggetto con l’oggetto. Cosi’ in fondo ad ogni relazione con l’oggetto, si trova l’identificazione con l’oggetto stesso.”
Freud stesso ci presenta il narcisismo nella sua Introduzione al narcisismo come una scelta d’oggetto, e Lacan nel seminario Ancora del 1972/73 ritornera’ su questo tema facendo un riferimento al famoso proverbio “L’abito non fa il monaco” mettendo in relazione l’immagine speculare, l’io e l’oggetto a. Si legge infatti nel seminario Ancora: “L’abito ama il monaco, dato che in tal modo essi sono uno. In altri termini, quel che c’e’ sotto l’abito e che chiamiamo corpo, forse e’ solo quel resto che io chiamo oggetto a“
Il resto, l’oggetto a tiene assieme l’immagine speculare. Il rapporto all’oggetto e’ quindi il rapporto all’abito o al velo, come vedremo essere sviluppato nel IV seminario, che riveste l’oggetto. L’Io, l’altro minuscolo riveste l’oggetto, l’oggetto a. E’ questo un passaggio messo in evidenza da Rosa Elena Manzetti in un suo articolo apparso sul numero 11 de La Psicoanalisi. L’evoluzione del concetto di oggetto a e’ quindi legata alla speculazione di Lacan sulla relazione d’oggetto e al problema del narcisismo.
IL IV SEMINARIO: L’OGGETTO COME VELO DI UNA MANCANZA.
Lacan decide di dedicare il suo IV seminario alla Relazione d’oggetto. Ma perche’? Perche’ la relazione d’oggetto era posta da alcune scuole al centro della teoria analitica, e questo comportava, secondo Lacan, uno schiacciamento dell’esperienza analitica su una dinamica di identificazione immaginaria, narcisistica.
E’ proprio per andare contro a questa pratica, che riteneva essere un’eresia rispetto a quanto insegnato da Freud, che decide di dedicarvi un seminario. Il IV seminario si sforza quindi di smontare questa dinamica di identificazione immaginaria ampliando la portata della relazione d’oggetto stessa.
Il primo passo che compie Lacan e’ quello di introdurre in questa dinamica duale immaginaria (madre-bambino) un terzo incomodo: il fallo. Questo recupero da parte di Lacan della funzione del fallo si situa nel suo sforzo di ritornare a Freud, di ritornare ai testi e alla teoria di Freud. In effetti gia’ Freud diceva che la madre si rapporta al bambino come ad un sostituto del fallo.
Cosa comporta l’introduzione del fallo nelle dinamiche della relazione d’oggetto? Comporta una ristrutturazione radicale di tutta la situazione. Perche’ cio’ che il fallo designa e’ un al di la’. Questo al di la’ e’ cio’ a cui mira il bambino relazionandosi alla madre.
Soggetto ——-> Oggetto ——-> Al di la’
Tornando alla questione didattica che ha mosso questo seminario, dire questo significa indicare che nell’analisi didattica cio’ a cui si mira sta al di la’ dell’analista didatta. E’ un passaggio chiave per quanto riguarda la questione didattica, come sottolinea Di Ciaccia nel suo articolo apparso sul n. 10 di Quaderni Milanesi di Psicoanalisi in occasione della pubblicazione in italiano del seminario. La formazione degli analisti non puo’ essere schiacciata su una identificazione immaginaria con l’analista, ma deve aprire verso un al di la’, verso un qualcosa che resta al limite dell’esperienza analitica: l’oggetto dell’analisi. Il gioco di rimandi tra l’oggetto della relazione d’oggetto e l’oggetto dell’esperienza e della teoria analitica e’ alla base del tentativo di fondazione di una nuova scuola, di un nuovo metodo di formazione, che Lacan opera negli anni ’50. Smontando la relazione d’oggetto, cosi’ come era intesa in quegli anni, Lacan mira al cuore della questione didattica, alla questione della formazione. Per questo successivamente Lacan parlera’ dell’analista come di uno specchio vuoto. L’analista deve presentarsi in qualche modo privo di un Io in modo da evitare rimandi immaginari. L’analista si deve presentare come semblant e incarnare l’oggetto a. Deve incarnare un vuoto, un vuoto che muove il desiderio.
Quindi l’introduzione del fallo nella dinamica duale madre-bambino e l’apertura verso un al di la’ che questa introduzione comporta e’ il versante prettamente teorico del IV seminario. Il fallo di cui parla Lacan e’ il fallo della madre. In quanto tale il fallo e’ assente. E’ un oggetto mancante. Il concetto di mancanza e’ il fulcro di tutto lo sviluppo teorico del IV seminario. L’articolazione di tale concetto di mancanza permette a Lacan di presentare tre dinamiche distinte della mancanza stessa: castrazione, frustrazione e privazione, e di ridare valore al termine freudiano di Versagung.
Lacan, nella sua opera di smontaggio della relazione d’oggetto, ci presenta l’oggetto marcato da tre dinamiche che fa risalire alle formulazioni freudiane. La prima e’ che l’oggetto e’ sempre ritrovato. La seconda che l’oggetto maschera uno sfondo d’angoscia. La terza che l’oggetto e’ preso in una dinamica di reciprocita’ immaginaria. Queste tre dinamiche segnano profondamente l’oggetto e la ricerca dell’oggetto stesso. Questa ricerca resta radicalmente insoddisfatta. L’oggetto ritrovato non puo’ mai essere l’oggetto perduto. Questa ricerca e’ insoddisfacibile proprio perche’ l’oggetto da ritrovare e’ un oggetto inesistente: il fallo materno; che Lacan scrive come – phi.
La questione del fallo e’ centrale per il IV seminario. Il fallo e’ un oggetto immaginario, e’ il fallo materno; ma e’ anche un oggetto simbolico, un oggetto di scambio, di dono. Il fallo e’ quindi un oggetto articolabile nelle tre dimensioni proposteci da Lacan come fondamentali per orientarsi nell’esperienza analitica e cioe’ nella dimensione Reale, nella dimensione Simbolica e in quella Immaginaria.
Il fallo e’ immaginario: e’ il fallo materno, e’ un qualcosa con cui si identifica il bambino nel suo rapportarsi alla madre.
Il fallo e’ simbolico: e’ il fallo che regola, che norma i rapporti tra Madre, Padre e Bambino, e’ un simbolo di legge.
Il fallo e’ reale e in quanto tale entra nel gioco.
Ma cio’ che piu’ interessa Lacan e’ questo passaggio da immaginario a simbolico. Passaggio che il fallo lacaniano rappresenta. Il fallo e’ un immagine ma simbolizza dell’altro. L’oggetto fallo rinvia a cio’ che lo sostiene: il Desiderio della Madre.
Possiamo quindi scrivere nello schema precedente, al posto di Al di la’, una X che rappresenta l’enigma del desiderio della madre, e sostituire questa X con phi:
Soggetto ——-> Oggetto ——-> phi
Il fallo e’ per sua essenza velato, deve essere velato perche’ inesistente. Il velo non copre che un vuoto, una mancanza che, ripeto, e’ l’elemento centrale di questo seminario.
La dinamica del velo, come viene definita da Lacan stesso in questo IV seminario, e’ l’essenza dell’oggetto. Tutto questo sviluppo avviene nella parte del seminario dedicata alla rilettura del caso del piccolo Hans. Il cavallo che terrorizza il piccolo Hans presenta sulla bocca una macchia nera. Un nero che fluttua sull’oggetto e che si presenta come l’enigma dell’oggetto. L’elemento enigmatico, ci fa notare Lacan, non e’ altro che “l’apertura reale sempre nascosta dietro il velo e allo specchio e che spunta sempre dal fondo come una macchia” E’ l’elemento che nella dinamica del velo, come la presenta Lacan, sta al di la’ dell’oggetto. E’ esattamente cio’ che permette la dinamica metonimica di continuo rinvio. La sua caratteristica e’ l’opacita’. Una opacita’ che puo’ generare infinite immagini, che puo’ fluttuare da un oggetto all’altro.
Nella dinamica del velo Lacan congiunge l’oggetto con cio’ che sta al di la’ dell’oggetto, il niente, tramite una linea.
Soggetto —->|Velo|——> Oggetto ———— Niente
Lo sviluppo possibile e’ quello della riformulazione del rapporto con l’oggetto, come rapporto con il velo. Lacan, abbiamo visto, parla di rapporto ternario “soggetto – oggetto – al di la’”, che e’ poi, come lo abbiamo scritto prima, “soggetto – oggetto – fallo”. Il fallo e’ pero’ anche l’oggetto primo della relazione immaginaria madre – bambino. Il fallo e’ l’oggetto con cui si identifica il bambino. Si puo’ quindi dire che il bambino si rapporta ad un oggetto che e’ il fallo, e riscrivere il rapporto ternario come “soggetto – fallo – al di la’”. Si avra’ quindi:
Soggetto——-> Oggetto ——-> Al di la’
Soggetto ——-> Fallo ——-> Desiderio Madre (Buco Reale)
Il Desiderio della Madre, lo abbiamo visto, e’ l’enigma che sta al di la’ dell’oggetto. E’ cio’ a cui allude. Di conseguenza possiamo dire che il fallo fa da velo, da sipario al Desiderio della Madre.
Sostituendo invece i termini che abbiamo nel caso del piccolo Hans, avremo:
Soggetto —->|Velo|——> Oggetto ———— Buco
Hans —->|Velo|——> Cavallo ———— Nero
e la possibilita’ di dire che, se il nero e’ l’apertura reale sempre nascosta dietro il velo, ed il nero e’ legato all’oggetto da questa linea: il nero e’ l’essenza dell’oggetto. Il nero e’ l’oggetto stesso.
Caratteristica del nero e’ anche quella di coprire, di schermare, di rendere invisibile, di sottrarre l’oggetto primordiale, “come se i cavalli ricoprissero qualcosa che traspare da sotto e fa luce dietro, cioe’ il nero che incomincia a fluttuare.” L’oggetto fobico, il cavallo, ricopre il nero. Fa da velo al nero. Ma questo nero illumina dietro. Fa luce su cio’ che sta dietro. Puo’ essere preso come traccia per fare chiarezza su cio’ che sta dietro.
Il nero e’ esattamente l’apertura reale, e’ il buco. Il nero spunta da un fondo indicibile, e si presenta come macchia, come enigma, come elemento al limite della rappresentazione.
Questo sviluppo non e’ espresso palesemente da Lacan in questo seminario. Ma e’ implicito in questa relazione tra oggetto e al di la’, tra velo e apertura reale sempre nascosta dietro.
L’oggetto ricercato e che sta alla base della relazione d’oggetto non e’ che un velo. Un velo che maschera un vuoto, una mancanza che, ci dice Lacan, deve essere assunta dal soggetto. E’ una mancanza-a-essere.
A conclusione del IV seminario troviamo quindi un oggetto che e’ un vuoto, un buco nel reale. Un oggetto che ha come caratteristica principale quella di essere marcato dalla dinamica del velo. E che si presenta sempre come un punto di opacita’, un qualcosa di indicibile, incomunicabile che fluttua nell’oggetto e che rimane il suo aspetto piu’ enigmatico e importante. E’ cio’ che Lacan definisce un resto. Qualcosa rimane al di fuori del linguaggio, nel passaggio dall’immaginario al simbolico qualcosa di reale si configura come resto. E’ un oggetto impossibile, inaccessibile, irraggiungibile. E’ l’oggetto metonimico. E’ l’oggetto del desiderio e come tale lo ritroviamo nel seminario successivo, il V, dedicato alle formazioni dell’inconscio.
In questa dinamica del velo e nel legame tra oggetto e resto ho individuato i due elementi da cui si sviluppera’ l’oggetto a. La dinamica del velo ci presenta l’oggetto come rinviante ad una apertura reale che spunta dal fondo, indicibile, radicalmente enigmatica, un elemento al limite della rappresentazione. E’ un oggetto-vuoto esattamente come sara’ l’oggetto a. Un oggetto di cui non si ha idea ma che deve pur essere qualcosa. Il legame con il resto da’ all’oggetto un legame con il Reale e con la ripetizione. L’oggetto non e’ raggiungibile e si identifica con un resto che insiste e innesca la ripetizione della ricerca.
IL V SEMINARIO: LE INSEGNE DELL’OGGETTO MARCATO.
Nel V seminario l’oggetto compie un altro passo verso l’oggetto a. Lacan riprende il discorso trattando ancora l’oggetto metonimico. Oggetto che e’ ancora confuso con il fallo. In questo seminario ci viene detto che l’intervento paterno da’ un significato alla x che sostiene il Desiderio della Madre. L’oggetto del desiderio della Madre, la x enigmatica che si presenta al bambino incontrando il desiderio della madre prende il nome di fallo perche’ il padre interviene dando questo significato. L’intervento del padre si configura come una interpretazione del Desidero della Madre. Tutto questo e’ possibile perche’ il fallo e’ un significante. E’ un significante e come tale puo’ essere sostituito da una serie di significanti.
Lacan introduce a questo proposito uno schema che riprende ed elabora lo schema L. E’ uno schema costituito da due triangoli: un triangolo immaginario ed uno simbolico. Il triangolo simbolico e’ costituito dal Bambino, dalla Madre e dal Padre; il triangolo immaginario e’ la relazione ternaria sviluppata nel IV seminario Bambino Madre Fallo. Abbiamo visto nel IV seminario che il rapporto del bambino con il fallo si instaura perche’ il fallo e’ l’oggetto del desiderio della madre. Il padre si trova nello schema in una posizione simmetrica a quella del fallo, ma non e’ solo un rapporto di simmetria, e’ un legame. Il desiderio dell’Altro, che e’ il desiderio della madre, comporta un al di la’. Per accedere a questo al di la’ e’ necessaria una mediazione e questa mediazione e’ data dal padre e dalla sua posizione. Il padre e’ il fulcro di quel triangolo simbolico che sta dietro la madre, che supporta il desiderio della madre e che puo’ dare un senso a tale desiderio.
Vediamo il passo successivo: Lacan si chiede come e’ possibile identificarsi con un tale oggetto. Se lo chiede analizzando il passaggio che avviene nell’Edipo da padre castratore, temibile che segna l’ingresso nell’Edipo, a padre ideale con cui ci si identifica all’uscita dall’Edipo. L’oggetto di identificazione e’ legato al Padre. Non e’ solo una simmetria, e’ un legame quello che troviamo espresso nello schema R. Ed e’ quindi ancora il problema dell’identificazione, processo che Lacan definisce immaginario che muove l’evoluzione del concetto di oggetto.
A questo punto Lacan propone una soluzione. L’identificazione non avviene con il padre, con un oggetto ma con le insegne di tale oggetto. Ma che cosa sono le insegne? Le insegne sono dei tratti, dei segni del rivale che vengono assunti come propri dal soggetto. Non ci si identifica con un oggetto ma con dei tratti dell’altro. In questo V seminario ci viene detto che il fallo, phi, non e’ altro che quel significante che introduce nell’Altro il rapporto ad a, l’altro immaginario. Ritorna quindi il problema della dinamica immaginaria del narcisismo. Lacan ci dice che l’oggetto e’ una parentesi simbolica. Parentesi marcata da un residuo, e cioe’ da qualcosa che sfugge al significante, qualcosa che rimane al di la’ di ogni possibile soddisfazione per mezzo del significante. L’Altro non e’ pieno, completo, ma e’ anch’esso preso nella dinamica di identificazione immaginaria, narcisistica. Nell’Altro (maiuscolo) e’ presente il rapporto all’altro (minuscolo).
Scrive Lacan: “Il bambino, nel suo primo rapporto con l’oggetto primordiale – e’ la formula generale – si trova prendere la posizione simmetrica di quella del padre. Entra in rivalita’ con lui, e si situa all’opposto per rapporto alla relazione primitiva all’oggetto, in un punto x, marcato dal segno phi. Li’ diviene qualcosa che puo’ rivestirsi delle insegne di cio’ con cui e’ entrato in rivalita’, ed e’ in questa misura che ritrova in seguito la sua posizione, la’ dove e’ necessariamente, cioe’ in E – all’opposto del punto x dove le cose sono passate – dove viene a costituirsi sotto questa nuova forma che si chiama I, Ideale dell’Io, trattenendo cosi’ qualcosa di questo passaggio sotto la forma piu’ generale.
Non si tratta piu’, lo vedete bene, ne’ di padre, ne’ di madre, si tratta di rapporti con l’oggetto.”
A questo punto l’oggetto lacaniano non e’ piu’ riconducibile al fallo, ne’ al significante. E’ qualcosa di piu’ complicato.
L’oggetto e’ un vuoto, un buco in cui si installa questa parentesi simbolica, questo rapporto all’altro immaginario con cui ci si identifica. Il rapporto con a, ancora designante l’altro, e’ strutturato nella formula del fantasma: S<>a . In questa formula troviamo la prima designazione dell’oggetto con cui ci si identifica con la lettera a. D’ora in poi l’oggetto sara’ sempre indicato con tale lettera. L’oggetto a fa la sua comparsa ed e’ l’oggetto del desiderio che riassume su di se’ tutto cio’ che nel IV seminario e’ stato detto riguardo all’oggetto fallo e all’oggetto metonimico e che nel V seminario trova una sua prima collocazione in un corto circuito immaginario che va dall’Io all’altro. Corto circuito che viene riassunto in questa assunzione di un tratto del rivale, un tratto che inscrive la ripetizione. Questa fusione che avviene nel circuito immaginario tra Io e altro salda insolubilmente il soggetto all’altro ed e’ proprio questo cio’ che ci dice Lacan con la formula del fantasma S<>a e che si ricollega al problema della fissazione e della coazione a ripetere.
IL VI SEMINARIO: L’OGGETTO a (prime formulazioni)
L’oggetto e’ pero’ anche un resto e alla fine del V seminario Lacan definisce il resto come desiderio. Ed e’ proprio da li’ che riprende il discorso nel seminario successivo, il VI, dedicato al desiderio e alla sua interpretazione.
Cio’ che attira pero’ l’attenzione di Lacan nel VI seminario e’ il fantasma. In questa formula troviamo per la prima volta segnato con la lettera a l’oggetto. La a piccola e’ l’oggetto dell’identificazione immaginaria, l’altro. Cosa ci dice Lacan? Ci dice che questa a piccola, questo altro-oggetto compare nel momento di scomparsa, di annullamento del soggetto, e si offre al soggetto stesso come unico appiglio per sostenersi. Questo e’ quanto ci dice Lacan nel VI seminario. L’utilizzo della lettera a nasce quindi da questa esigenza di rendere conto della dinamica di identificazione immaginaria, narcisistica. Nella lezione del 17 dicembre troviamo un passaggio che mette in risalto la struttura narcisistica dell’oggetto a: “Vous verrez comment sur ce petit a que nous allons enfin avoir l’occasion de preciser dans son essence, dans son fonction, a’ savoir la nature essentielle de l’objet humain en tant que comme je vous l’ai deja’ longuement amorce’ dans les seminaires precedents, il est foncierement marque’, tout objet humain, d’une structure narcissique, de ce rapport profond avec l’eros narcissique.”
Qualcosa dell’altro viene preso come proprio dal soggetto. Ma cosa ?
Nel seminario precedente, il V, Lacan poneva che il fallo, phi, e’ quel significante che introduce nell’Altro, in quanto luogo della parola, il rapporto ad a, l’altro immaginario. Non c’e’ Altro dell’Altro. Nessun significante sostiene, fonda l’Altro. Anche l’Altro e’ incompleto, e’ marcato dalla mancanza. L’unico sostegno e’ questo rapporto immaginario all’altro. Questo rapporto all’altro e’ il fantasma. E nel fantasma troviamo questo elemento segnato con la lettera a. Ma che cos’e’ questa a ?
Nel VI seminario Lacan ci dice che la a e’ qualcosa di piu’ di una persona. E’ tutta una catena, uno scenario. Questo e’ quanto gia’ sosteneva nel seminario precedente dicendo che l’oggetto e’ una parentesi simbolica. Ma, ed e’ qui il passo in avanti rispetto a quanto detto finora, l’oggetto a e’ cio’ che sostiene il soggetto nel rapporto a cio’ che non e’. A cio’ che non e’ il fallo. Ecco che l’oggetto a viene ad accostarsi al fallo come qualcosa in piu’, qualcosa oltre il fallo. Quando il soggetto va oltre l’identificazione al fallo, per sostenersi non trova che l’oggetto a. Lacan e’ molto chiaro in proposito: l’oggetto a si definisce per prima cosa come il supporto che il soggetto si da’ in quanto viene meno nella sua designazione di soggetto. Quando il significante si dimostra carente per la designazione del soggetto, sorge l’oggetto a.
Sempre nel VI seminario Lacan ci fornisce una prima lista di oggetti a. Questa prima lista si puo’ leggere anche come riassunto dei tre seminari qui presentati. L’oggetto a si presenta sotto tre specie:
1 – L’oggetto pregenitale;
2 – Il fallo;
3 – l’oggetto del desiderio.
L’oggetto a riassume quindi in se’ tutto quanto detto finora sull’oggetto e ne amplia la portata iscrivendone il tratto della ripetizione ma presenta dei problemi. L’oggetto pregenitale, parziale e’ immaginario. Il fallo e’ anch’esso immaginario ma anche simbolico. L’oggetto del desiderio e’ invece un buco reale. Con l’oggetto a Lacan riassume si’ queste tre valenze dell’oggetto ma non ne dona ancora una coordinazione e gli aspetti legati all’immaginario e al simbolico oltre che al reale rimangono fonte di confusione.
In definitiva possiamo dire che l’oggetto a e’ la possibilita’ di nominare un oggetto che pur essendo presente nella dinamica speculare immaginaria, non e’ ad essa riconducibile. E’ l’elemento che rimane assente nello specchio ma che in qualche modo determina l’immagine speculare.