ALT Corpo Linguaggio Essere

Intervento presentato alla giornata di studio

“Millenannisecondoanno. Milleuno ALT Arrigo Lora Totino.

Progetto a cura di Giovanni Fontana, Giuseppe Morra e Patrizio Peterlini

16 Marzo 2023

Casa Morra, Napoli

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Gli esordi di Arrigo Lora Totino avvengono in una Torino in piena crescita economica e culturale. Sono la fine degli anni Cinquanta e ALT inizia la sua attività artistica come pittore sperimentando quelli che all’epoca erano i linguaggi più avanzati: l’informale e l’astrazione geometrica di matrice optical.
Partito con alcuni esperimenti espressionisti (Testimoniati dalla serie delle “Teste” del 1958) e dopo un breve periodo informale (a cui tuttavia va ascritta la prima esposizione di ALT alla Galleria Il Prisma di Milano nel 1959), ALT vira verso sperimentazioni geometrico-astratte di un equilibrio compositivo e formale che arriverà presto ad una sua stabilità nei primissimi anni Sessanta.
L’impianto strutturale e coloristico delle opere del periodo “optical” rimarrà solido, sebbene in sotto traccia, in tutta la produzione successiva di ALT. Una attenzione alla composizione formale che si dipana lungo tutta la produzione “visiva” di ALT.
Le geometrie sperimentate in quel periodo trovano in fatti nuova vitalità e spessore nell’utilizzo delle lettere. Ridotte a puro bianco nero diverranno l’ossatura delle composizioni di Poesia Concreta mentre, con la ricomparsa dei colori alla fine degli anni Settanta, la costruzione pittorica tornerà in primo piano divenendo la chiave stilistica di gran parte dell’ultima produzione di ALT.
Ma è la poesia, la parola, il campo in cui ALT svilupperà tutto il suo percorso.
Perché ALT è un poeta.
Possiamo indicare due filoni di viluppo della sua poesia, spesso intrecciati fra di loro.

Il primo filone è decisamente tridimensionale, plastico architettonico, con forti componenti geometriche pittoriche, retaggio, come ho appena illustrato, delle sue sperimentazioni informali e astratte della fine degli anni Cinquanta inizio Sessanta.

Il secondo filone è invece squisitamente umoristico-paradossale, di stampo cabarettistico.
Qui in mostra abbiamo il suo famoso frac e alcuni oggetti di scena che restituiscono bene questa sua verve.

Questi due filoni convivono e spesso si sostengono nelle composizioni più riuscite.
ALT seziona la lingua in un continuo gioco di assonanze, contrapposizioni, giochi di parole e calambour le cui basi si trovano nelle minime variazioni vocaliche e consonantiche, che alterano in modo radicale il significato delle parole (paranomasie e paragrammie). Il risultato è l’esaltazione dell’aleatorietà della lingua stessa, della sua costante ambiguità e precarietà che sfocia in una lingua paradossale, fortemente giocosa e ridicola. Una lingua infantile che si spinge sempre più verso il preverbale.

La parola e i suoi significati sono analizzati, esaltati, derisi, annientati e poi fatti risorgere. Il percorso è evidente nella sua produzione sonora dove le parole si contraggono fino all’incomprensibile per poi risorgere nella forma della lallazione onomatopeica da cui riemerge la parola iniziale. Un lavoro meticoloso, assiduo ed infaticabile da vero maestro.

ALT si è da subito distinto per il suo spirito avanguardista. Il suo impegno pluriennale e infaticabile come mimo-poeta-declamatore è diretta filiazione delle avanguardie storiche e del loro amore per lo spettacolo popolare e buffonesco, dai vaudeville ai guignol, dal cabaret al teatro di varietà: “il solo che utilizzi la collaborazione del pubblico” come scriveva Filippo Tommaso Marinetti nel suo Manifesto del 1913.
La scelta della tuta di lycra nera neutra rievoca il teatro di Étienne Decroux, la sua allampanata fisicità ricorda Karl Valentin e la sua presenza sorniona e sempre attenta alle reazioni del pubblico riprende le lezioni dei grandi maestri dell’avanspettacolo italiano.

Possiamo quindi dire che ALT non si è limitato a fare poesia.
ALT ha, nel senso più pieno della parola, dato un corpo alla poesia.
La dimensione fisica, tridimensionale, architettonica che caratterizza i “Fonemi Plastici” (in cui la poesia concreta si espande tridimensionalmente nello spazio grazie all’utilizzo del plexiglass), le “Verbotetture” (in cui è evidente già nella nominazione l’intento di occupare uno spazio come vere e proprie architetture verbali), trova piena espressione nelle sue declamazioni mimico-fonetiche in cui il corpo del poeta torinese è completamente al servizio della poesia.
Attraverso le sue composizioni concrete, giocate sulla precarietà significante della lingua, attraverso la fisicità tridimensionale dei fonemi plastici, attraverso l’utilizzo della voce e della mimica, ALT ha messo in evidenza questo contrasto, questa tensione tra ciò che la lingua può dire e ciò che il corpo vive.

Vorrei proporre ora la lettura di una sua importante opera. O meglio un importante “soggetto” (E l’utilizzo del termine “soggetto” è voluto) che ALT sviluppa in più versioni nel corso degli anni.
La prima formuazione di “e è” risale in fatti alla metà degli anni Sessanta.
Ripreso più volte in varie forme, questo poema segna in qualche modo l’evoluzione delle sue speculazioni sul linguaggio.

In quest’opera, il passaggio della lettera E da coniugazione a verbo, marcato dal semplice accento, condensa la meditazione di Arrigo Lora Totino sulle implicazioni che il linguaggio esercita sul soggetto e la sua affermazione.

Osserviamo il famoso fonema plastico del 1967.
L’opera è composta di due pezzi.
Una base quadrata di plexiglass, serigrafata con la lettera “e” ripetuta più volte.
Un cubo, sempre di plexiglass, sui cui lati è serigarfata la lettera “è”, accentata.

Le “E” non accentate sulla base sono tutte uguali e formano una sorta di griglia liscia, omogenea, compatta. Tutto è sullo stesso piano.

La “è” accentata, invece, quella che segnala dell’essere, che c’è qualcosa che è, nella sua unicità, assume la forma solida e autonoma di cubo.
È un elemento che si distingue dalla base, che afferma un proprio spazio fisico, distinto, separato.
Afferma l’alterità radicale dell’essere rispetto ad una indistinta aggregazione di oggetti tutti uguali.

Questa separazione fisica, radicale, irreversibile, è esattamente quello che nella teoria lacaniana viene definito “accesso al linguaggio”. Vale a dire la possibilità di nominarsi del soggetto permessa dal linguaggio che causa però una radicale perdita, o svuotamento, del soggetto che da quel momento vivrà costruendo la propria vita attorno a questo vuoto che lo abita. Non è un caso che il cubo dell’opera di Lora Totino sia vuoto e non pieno come la base. In buona sostanza è la versione linguistica lacaniana della castrazione freudiana.
Non è mia intenzione andare oltre in questa lettura psicoanalitica.

Prendiamo ora la rielaborazione dell’opera del 1985 e realizzata nel 2009.
In Fondazione Bonotto sono conservate due versioni.
Una è un collage.
L’altra è invece in legno.
Questa in legno è, a mio parere, la versione più interessante o, per lo meno, quella che permette uno sviluppo più denso, completo, del tema trattato.

Il legno permette infatti di lavorare anche sulla tridimensionalità dei volumi.
Si può mettere materia, come nel caso anche del collage, ma anche toglierla.
Grazie all’incisione si può scavare la materia, aprendo dei vuoti.
Nell’opera del 2009, la lettera “E” si presenta quindi in più forme.

Finché la lettera non è accentata essa scava la superficie bianca lignea, subisce un vero e proprio svuotamento, presentandosi quindi come mancanza.
Preso l’accento, diviene, per una sola volta nel componimento, presenza tridimensionale.
Infine, svanisce definitivamente lasciando spazio al solo accento che si ripete.
Le lettere sono disposte sempre più vicine, quasi a segnalarne la condensazione.
Gli accenti, parallelamente, sempre più lontani a segnalarne la dissolvenza.

Il confronto delle due versioni, quella in plexiglass del 1967 e quella in legno del 1985 (2009) ci informa sull’evoluzione della meditazione di ALT sul linguaggio e l’essere.
Mentre nel 1967 l’artista ha ancora una solida fiducia nella consistenza del parlessere, rappresentato nella forma di cubo di plexiglass
Nel 1985 (2009) Lora Totino arriva alla conclusione che l’essere deve la sua manifestazione ad una evanescente e incidentale comparsa, ad un’improvvisa congiunzione di segni linguistici, che permettono al soggetto di nominarsi ma, contemporaneamente, produce questa operazione di svuotamentìo.
Questo percorso riassume in sé molta della filosofia contemporanea.
Vi possiamo infatti leggere il passaggio dalla fiducia nel soggetto pensante, del soggetto cartesiano, quello del cogito e della sua unità e solidità, al soggetto che pensa dove non è ed è dove non pensa, in buona sostanza al soggetto freudiano.

Questa meditazione assume anche una sua versione performativa.
Si tratta di “Situazione”, azione di non facile datazione che qui vediamo nella versione pubblicata nel video in occasione della storica mostra “Il teatro della parola” curata da Mirella Bandini nel 1996.

In esso le E delle opere qui analizzate si espandono concretizzandosi in due parole: “Essere – Esistere” messe in tensione fra di loro.
“Essere” ha una postura rigida, diritta, potremmo dire categorica.
Mentre “Esistere” ha una postura scomposta, affannata, arrancante.
Grazie ad una sorta di accelerazione, le due parole si scontrano e si sommano in una nuova parola EsseRESistere in cui, da vero maestro, ALT mette in evidenza la crasi tra le due parole che forma un’altra parole ancora che è RES, quindi “Cosa” in latino ma anche possesso, aggiungendo così un ulteriore elemento alla sua meditazione sull’essere: il corpo.
Corpo che solo l’essere umano, in quanto parlante, possiede, come una cosa in effetti.
E lo possiede nella misura in cui ne vive l’imbarazzo.
Lo possiede nella consapevolezza del suo disfacimento, nel continuo contrasto tra corpo biologico e corpo del linguaggio. Contrasto reso da ALT in quest’azione nella tensione tra Esistere (corpo inciampo che arranca) e Essere (manifestazione assertiva categorica).
Attraverso le sue composizioni concrete, giocate sulla precarietà significante della lingua, attraverso la fisicità tridimensionale dei fonemi plastici, attraverso l’utilizzo della voce e della mimica, ALT mette in evidenza questo contrasto, questa tensione tra ciò che la lingua può dire e ciò che il corpo vive.

Grazie della vostra attenzione.

Intervento presentato alla giornata di studio

“Millenannisecondoanno. Milleuno ALT Arrigo Lora Totino.

Progetto a cura di Giovanni Fontana, Giuseppe Morra e Patrizio Peterlini

16 Marzo 2023

Casa Morra, Napoli